OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO: LA MEDIAZIONE SPETTA AL CREDITORE OPPOSTO

Cass. Civile, Sezioni Unite, sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020

da | Ott 28, 2020 | Civile

Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.

La sentenza in commento si colloca all’interno del dibattito, sviluppatosi in dottrina ed in giurisprudenza dopo l’entrata in vigore nel nostro ordinamento dell’istituto della mediazione civile e commerciale, in merito all’individuazione della parte onerata, creditore opposto o debitore opponente, ad avviare la procedura ex art. 5 comma 1 bis del D. Lgs. n. 28/2010 nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel quale l’esperimento del procedimento di mediazione integra condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Si tratta, infatti, di una questione di particolare rilevanza pratica ed il provvedimento delle Sezioni Unite discostandosi dai pronunciamenti resi sulla materia dalle sezioni semplici opta – con argomentazioni condivisibili – per l’attribuzione al solo creditore opposto del compito di attivare la procedura di mediazione.

 

La questione.

L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale per chi intende esercitare in giudizio un’azione nelle materie elencate nell’art. 5, comma 1 bis, del d.lgs. 28/2010.

Al comma 4, lettera a) del medesimo articolo: “i commi 1 – bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.

Dal dato normativo si ricava che il tentativo di conciliazione è stato posto in capo a “chi intende esercitare in giudizio un’azione”, tuttavia la norma non individua il soggetto su cui ricade l’onere di avviare la procedura di mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo: il legislatore si è limitato a prevedere espressamente che, qualora la mediazione non sia stata esperita prima dell’avvio del giudizio, il giudice assegna alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione.

Nel processo di opposizione a decreto ingiuntivo, come noto, si verifica un’inversione fra i ruoli formali e sostanziali rivestiti dalle parti, nel senso che è il debitore a ricoprire il ruolo di attore ed il creditore, resistendo alla richiesta di revoca del provvedimento monitorio, ad assumere la posizione processuale di convenuto.

Ciò ha determinato orientamenti contrapposti in giurisprudenza.

Secondo un primo orientamento, maggioritario sino alla pronuncia delle Sezioni Unite, l’obbligo di instaurare la procedura di mediazione è posto a carico dell’opponente, quale attore in senso formale, essendo il soggetto interessato alla prosecuzione del giudizio, comportando l’improcedibilità dell’opposizione ed la definitività del decreto ingiuntivo nel caso non vi ottemperi.

Questo orientamento, inoltre, afferma che una diversa soluzione graverebbe eccessivamente sulla parte creditrice e premierebbe la passività dell’opponente. L’estinzione del processo di opposizione, infatti, provoca, ai sensi dell’art. 653, 1° comma, c.p.c., la cristallizzazione del decreto ingiuntivo, a cui è soltanto l’opponente ad indirizzare delle doglianze, chiedendone la revoca o la dichiarazione di nullità.

La III Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza del 3 dicembre 2015, n. 24629, nel suo primo intervento sulla questione, ha aderito a questo orientamento affermando, inoltre, che il principio della ragionevole durata del giudizio e la vocazione deflattiva delle condizioni di procedibilità deporrebbe inequivocabilmente in favore dell’attribuzione all’opponente dell’onere di promuovere il procedimento di mediazione civile e commerciale (pronuncia sostanzialmente ribadita da: Cass. civ. sez. VI, ord. 16 settembre 2019, n. 23003).

Tale orientamento non ha riscosso una condivisione totale ad opera della giurisprudenza di merito, nel contesto della quale una parte ha continuato ad aderire alla tesi opposta (App. Palermo 17 maggio 2019; Trib. Firenze, s.s.m.i.,16.02.2016; Trib. Ferrara, 07.01.2015).

Questo secondo indirizzo giurisprudenziale, invece, ritiene che gravi sul creditore opposto l’avvio del procedimento di mediazione e che, in caso di mancata ottemperanza, il decreto ingiuntivo debba essere revocato, ravvisando nell’opponente colui il quale subisce la domanda e sarebbe eccessivamente gravoso nei suoi confronti prevedere che egli debba assolvere una condizione di procedibilità. Infatti, il creditore, attore in senso sostanziale, è il soggetto che ha interesse ad ottenere un titolo esecutivo pur avendo facoltà di introdurre un giudizio ordinario di cognizione.

In tale contesto si inserisce l’importante pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 18 settembre 2020 n. 19596 che ha finalmente risolto i contrasti giurisprudenziali e dottrinali.

Secondo il principio di diritto enunciato nella pronuncia, “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 c. 1 bis del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1 bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

Infatti, le Sezioni Unite rilevano che la normativa vigente in materia di mediazione, all’art. 5 c. 1 bis del d.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, dispone che chi intende esercitare in giudizio un’azione nelle materie indicate è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione e “non vi è dubbio che tale posizione sia quella dell’attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto (cd. attore in senso sostanziale)” in quanto il successivo comma 6 stabilisce che la domanda di mediazione “produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale” e – continua – “non appare logico che un effetto favorevole all’attore, come l’interruzione della prescrizione, si determini grazie ad un’iniziativa assunta dal debitore”, opponente nella fase di opposizione al monitorio. In effetti – rileva ancora la Corte – l’opposizione a decreto ingiuntivo e la costituzione in giudizio dell’opponente comporta che il debitore assume la veste di convenuto e non può essere gravato, per via interpretativa, di oneri suppletivi a quelli specificamente indicati dalla legge, non potendo richiedere ulteriori adempimenti che ne ostacolerebbero oltremodo l’accesso alla giustizia. Peraltro, “l’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa” (come previsto dall’art. 4, comma 2, del citato decreto), il compito di predisporla non può che competere all’attore in senso sostanziale.

Una ulteriore considerazione – sottolinea la Corte – va fatta in ordine alla disparità tra le conseguenze che seguono all’inerzia delle parti nella promozione del procedimento di mediazione, a seconda che l’onere sia posto a carico del debitore opponente (a cui conseguirebbe l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo opposto) o del creditore opposto (la cui inerzia comporterebbe invece la revoca del decreto, che però potrà essere riproposto, quindi senza che si determini alcun effetto preclusivo).

La Corte ravvisa che un’interpretazione costituzionalmente orientata (Corte Costituzionale, sentenza n. 98 del 2014) delle previsioni legislative dal significato incerto non può che condurre a preferire la soluzione interpretativa che semplifichi e renda maggiormente agevole l’esercizio dell’azione giudiziale: le forme di accesso alla giurisdizione, che siano condizionate al previo adempimento di oneri, sono legittime “purché ricorrano certi limiti”, e che sono comunque illegittime le norme che collegano al mancato previo esperimento di rimedi amministrativi la conseguenza della decadenza dall’azione giudiziaria. Se infatti la procedura di mediazione ha una indubbia finalità deflattiva, è altrettanto evidente che, ponendo (erroneamente) l’onere in capo all’opponente e facendo conseguire all’inerzia da parte di quest’ultimo l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo, la garanzia del diritto di difesa finirebbe per soccombere rispetto al principio di efficienza e ragionevole durata del processo.

In conclusione, le Sezioni Unite, superando il contrasto sorto sulla questione, pone a carico del creditore opposto l’onere di promuovere la procedura di mediazione.

Cass. Civile, Sezioni Unite, sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020

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